Imago doloris

L’immagine dell’uomo sofferente

Qual è la mia percezione del malato che ho di fronte? Quale immagina evoca nella mia mente quel corpo?

Per un approccio completo e pieno alla persona che ho in cura, devo monitorare la mia percezione nei confronti del degente. Il rischio che corro è che il percorso di accesso al mio lavoro, a volte routinario, porti ad una percezione molto bassa della realtà della persona degente.

Arrivo, timbro, indosso la divisa, so più o meno cosa mi aspetta, procedure da seguire, anche sul corpo del degente. In alcuni casi, il lavoro viene percepito come meccanico, spersonalizzato, così si rischia anche di eseguirlo superficialmente. Prima finisco e meglio è.

Questo atteggiamento, a cui siamo esposti tutti, può essere sottoposto a verifica, evidenziando l’immagine che io ho del dolore, del sofferente. Questo si può fare attraverso un confronto con altre fonti, in cui la mia percezione del dolore è totalmente diversa, sia per ambito che per luogo, che per ruolo.

La realtà del dolore non può essere evitata, perché appartiene alla fragilità della vita stessa. Si può imparare a conoscere, a convivere con il dolore, per alcuni perfino a trarne un significato e un senso. Ma tutto dipende dalla mia concezione, percezione del dolore, cioè da come me lo raffiguro.

L’arte ha sempre rappresentato il dolore fisico, mentale e spirituale, proprio perché è un momento tipico della realtà umana, del percorso del vivente. Incontrare il modo con cui un artista ha rappresentato il dolore può essere un modo di confrontare la mia idea di dolore con quella dell’artista. Un modo non traumatico, anzi piacevole come è l’arte vissuta e contemplata. Vedere un corpo sofferente rappresentato in modo artistico ci rimanda ad una lettura molto lontana dagli schemi abituali del nostro lavoro e ci restituisce una visione diversa del malato stesso.

Il corpo disteso sul letto in una nostra terapia intensiva è un’immagine molto distante da un corpo sfigurato rappresentato in un affresco del ‘500. Eppure è e rimane un’immagine del dolore impressa nella nostra mente.

Il confronto tra queste due visioni ci porta a mediare tra queste due realtà: l’immediatezza del nostro lavoro quotidiano accanto al dolore e la bellezza della rappresentazione ideale di un sofferente che non soffre.

Tutto si riconduce ad un punto centrale che è l’identità della persona stessa.