E’ un libro concreto e non retorico che, attraverso testimonianze reali e facendo «tesoro dell’esperienza accumulata, degli articoli scritti e delle conferenze tenute sull’argomento nel corso del tempo» (p. 6), cerca di «presentare la grammatica del dolore che sperimentano quanti decidono di porre fine alla propria vita» (p. 91). Lo scopo di Pangrazzi è quindi quello di fornirci delle linee-guida per riuscire ad intercettare e successivamente arginare le intenzioni suicide di persone che, in modo implicito od esplicito, chiedono aiuto; infatti, questo gesto così efferato in realtà non è istintuale (anzi, al contrario, l’istinto lotta contro la morte), ma meditato: non capita, ma ci si arriva, e viene svelato da molteplici segnali che ne esprimono un disagio esistenziale sottostante che può essere curato attraverso, prima di tutto, uno sguardo attento, compassionevole e una comunicazione empatica. Proprio quest’ultima, secondo Pangrazzi, costituisce per la persona che ha tentato di togliersi la vita un efficace punto di partenza per canalizzare le emozioni negative che attanagliano i pensieri mortiferi, perché «dare espressione ai segreti è un modo per liberare l’energia che li protegge» (p. 23). Pangrazzi desidera infine offrire, anche a chi resta, a chi affronta un lutto fatto di sentimenti contrastanti (tristezza, rammarico, senso di colpa), una via per ritrovare la speranza: il perdono: «la strada della guarigione richiede di incamminarsi sul sentiero della misericordia, perdonando chi se n’è andato senza salutare, facendo pace con i suoi silenzi e la complessità del suo mondo interiore, pervaso di confusione e paura, depressione e alterazione della realtà» (p. 98). Questa «capacità di perdonarsi e di perdonare nasce dalla riconciliazione con la propria fragilità e impotenza, dalla disponibilità ad addentrarsi nel mistero dell’altro, non per giustificarne il gesto, ma per coglierne il disorientamento e la disperazione […] La guarigione del dolore non dipende dalla pretesa di capirlo, ma dalla disponibilità a renderlo fecondo» (p. 100).

Pangrazzi ha lavorato in un centro di mutuo aiuto e questo ha evidentemente reso la sua riflessione sul tema sì fenomenologica e scientifica, ma a partire da una base necessariamente emotiva che rende la sua analisi quanto più sentita.

L’autore: Arnaldo Pangrazzi, Camilliano, ha animato a Milwaukee (USA) due gruppi per superstiti di suicidi e per tentati suicidi e ha contribuito a diffondere in Italia e all’estero la metodologia dei gruppi dell’auto-mutuo aiuto nel lutto. È autore di diversi libri, tra cui: Cicatrizzare le ferite della vita. Trasformarsi in guaritori feriti, Panda, Treviso 2018; Geografia spirituale al tramonto della vita, Il Messaggero, Padova 2019; Mosaico Relazionale. L’ascolto che guarisce, Editoriale Romani, Savona 2020; Lenisco il mio dolore parlando del mio amore, San Paolo 2020.

Il suicidio. Non ci siamo mai detti addio. Lo strazio di chi resta (Nuova Editoriale Romani, 2021)

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